Il Prof. Maurizio Ripepe, Docente di Fisica Terrestre presso il Dipartimento di Scienze della Terra (DST) dell'Università di Firenze, è tra i quattro esperti inviati dal Sistema di Protezione Civile dell'Unione Europea (ECHO) in missione in Guatemala dopo le eruzioni del Vulcano Fuego.
Maurizio Ripepe è membro della Commissione Nazionale italiana Grandi Rischi per il rischio vulcanico e responsabile del Laboratorio di Geofisica Sperimentale (LGS), struttura che si occupa – per il Dipartimento di Scienze della Terra Unifi come Centro di Competenza della Protezione Civile – del monitoraggio dei vulcani Etna e Stromboli con sistema di Early Warning.
Una volta sul campo, è subito emerso che il rischio maggiore era rappresentato dai Lahar. Con questo termine di origine Indonesiana si indicano colate di fango e rocce che si originano e fluiscono sulle pendici dei vulcani e che possono innescarsi principalmente a seguito di piogge torrenziali su depositi di ceneri a seguito di una eruzione vulcanica. Tali colate di fango, incanalandosi nei letti dei torrenti (spesso confinati in strette ed alte valli) ed erodendone i sedimenti, incrementano significativamente il loro volume (fino a 5-10 volte quello iniziale) e possono mantenere la velocità elevata per tutto il percorso (50-70 km/h).
Un Lahar può quindi travolgere edifici, strade, ferrovie o riempire un'area con uno strato cementificato di sedimenti anche di decine di metri. La distruzione delle vie di comunicazione può inoltre impedire la fuga bloccando le persone in aree vulnerabili ad altri rischi dovuti all'attività vulcanica, specialmente se il Lahar lascia depositi troppo profondi, troppo molli o troppo caldi da attraversare, rendendo anche molto difficili se non impossibili i soccorsi. Questo potenziale distruttivo può arrivare anche a 100 km di distanza, si ricorda infatti la tragedia del Nevado del Ruiz in Colombia il 13 novembre 1985 quando un Lahar distrusse la città di Armero (distante 50 km in linea d'aria dalla cima del vulcano, 100 km reali), uccidendo complessivamente 23 mila persone.
Di seguito un breve filmato di un Lahar sul Vulcano Fuego ripreso dal Prof. Denis Legrand (UNAM) lo scorso 12 Giugno 2018.
Secondo quanto dichiarato dal Prof. Maurizio Ripepe al Coordinadora Nacional para la Reducciòn de Desastres (CONRED) "è necessario mantenere un monitoraggio costante dei Lahar, soprattutto adesso nella stagione delle piogge".
Di seguito una serie di immagini delle riunioni svolte al CONRED, con l'Ambasciatore EU Dott. Stefano Gatto (foto da sito CONRED).
A tal fine, assieme allo USGS ed al Instituto Nacional de Sismología, Vulcanología, Meteorología e Hidrología (INSIVUMEH) sono quindi stati installati sensori sismici ed infrasonici per monitorare i lahar provenienti dal vulcano Fuego. Tramite i sensori infrasonici è infatti possibile identificare in tempo reale (analogamente al sistema di monitoraggio di Stromboli e Etna e ai sistemi di controllo valanghe installati da LGS) l'origine della colata di fango, la sua direzione e velocità.
Tale sistema, se abbinato ad un modello digitale del terreno dell'area vulcanica (attualmente non disponibile ma tra i principali obiettivi da raggiungere), permette di identificare, sempre in tempo reale, le aree e le città a rischio impatto permettendone l'allertamento e l'evacuazione, considerando che la Capitale si trova a soli 50 km dal vulcano, permettendo all'INSIVUMEH di avere dati più accurati sulle caratteristiche dei Lahar che si genereranno sul vulcano, funzionando così come un Early Warning System.
Di seguito i link
- del comunicato stampa ufficiale dell'Università di Firenze
- dell'articolo sul Magazine dell'Università di Firenze